Andare per rifugi by Roberto Dini;Luca Gibello;Stefano Girodo;

Andare per rifugi by Roberto Dini;Luca Gibello;Stefano Girodo;

autore:Roberto, Dini;Luca, Gibello;Stefano, Girodo; [Dini, Roberto Gibello, Luca Girodo, Stefano ]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Ritrovare l'Italia
ISBN: 9788815362032
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2020-08-15T00:00:00+00:00


8.

Vittorio Emanuele II: l’architettura sale in quota

Il Gran Paradiso (4.061 m), incastonato tra le valdostane Valsavarenche e Valnontey e la piemontese Valle Orco, è l’unico «quattromila» interamente in territorio italiano. Meta rinomata a livello nazionale e internazionale sin dagli albori dell’alpinismo, conosce un durevole e crescente successo attraverso tutto il Novecento, fino ai grandi numeri attuali di un’incessante frequentazione durante tutte le stagioni. Anche per la presenza, nei dintorni, di altre salite e traversate alpinistiche divenute nel frattempo grandi «classiche», il Gran Paradiso è una delle destinazioni più popolari della Valle d’Aosta e dell’intero arco alpino. La prima ascensione della principale vetta del gruppo viene compiuta il 4 settembre 1860 dagli inglesi John Jeremy Cowell e William Dundas con le guide locali Michel Payot e Jean Tairraz, per l’attuale via normale.

Lungo tale via, sul suo versante occidentale in Valsavarenche, a 2.732 metri di quota, sulle sponde del lago morenico di Moncorvé, si consuma una vicenda costruttiva d’importanza paradigmatica nell’evoluzione architettonica dei ricoveri in alta quota. Qui infatti, tra la fine dell’Ottocento e gli anni Trenta del Novecento, si affronta la costruzione – l’uno a pochi metri dall’altro – di due edifici fortemente innovativi per l’introduzione d’inediti immaginari, linguaggi e standard abitativi e costruttivi.

Una prima capanna viene qui edificata nel 1884 su progetto dell’ingegnere Camillo Boggio dalla sezione centrale del CAI, in memoria del primo re d’Italia, assiduo frequentatore della zona per motivi venatori. L’elezione a luogo favorito da parte del «re cacciatore» attribuisce inoltre al Gran Paradiso la valenza di montagna del «padre della Patria», caricandolo di significati nazionalistici negli immaginari popolari dell’epoca.

Il rifugio si colloca proprio nel cuore di quello che pochi anni dopo diventerà il Parco nazionale del Gran Paradiso, immerso in un contesto paesaggistico e ambientale di assoluta rilevanza, costituito da un ampio scenario glaciale, svariate vette di oltre tremila metri e una ricca fauna. La storia del parco è strettamente legata alla salvaguardia del suo animale simbolo, lo stambecco (capra ibex); oggi è facile imbattersi in molti esemplari, anche a quote relativamente basse, ormai abituati alla presenza dei numerosi frequentatori.

A inizio Ottocento, tuttavia, questo ungulato rischiò la completa estinzione su tutto l’arco alpino, a causa di una plurisecolare caccia indiscriminata (dovuta a diversi motivi: la prelibatezza della carne, la bellezza dei trofei e le superstizioni medicinali), infine esacerbata dalla diffusione delle armi da fuoco. Rilevata una colonia superstite di circa cento individui tra i valloni del massiccio, nel 1821 il re di Sardegna Carlo Felice decreta il divieto di caccia allo stambecco in tutto il regno. Sebbene tale atto abbia salvato formalmente lo stambecco dall’estinzione, non può considerarsi ispirato dai valori della tutela ambientale, estranei alla sensibilità dell’epoca, bensì da più prosaiche speculazioni venatorie: l’estrema rarità di questi esemplari ne rendeva la caccia un privilegio da riservarsi unicamente al sovrano. Dal 1856, per volontà di Vittorio Emanuele II, il territorio diviene riserva reale di caccia di casa Savoia. Ne segue in pochi anni un’infrastrutturazione capillare, con l’edificazione di case di caccia e ricoveri, la messa in opera d’interventi diffusi di manutenzione e restauro, l’istituzione di personale dedicato.



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